RACCONTI





ANNA 

          Era trascorso un anno, un mese o un giorno? Quante cose erano cambiate dalla mia partenza?

          Era cambiato qualche cosa oppure le acque del tempo non avevano neppure fatto caso a quella goccia che era schizzata fuori dal letto del fiume ed aveva vagabondato in chissà quali corsi, prima di far ritorno in quello stesso punto, là dove aveva deciso di cambiare…

          Avevo riaperto gli occhi dopo tanto tempo, ma non ricordavo nulla….non sapevo neppure se ero in grado di pronunciare alcuna parola…me ne stavo disteso a guardare il soffitto di quella stanza, quelle luci bianche…le lacrime presero a scorrere lungo il mio viso, e per la prima volta godetti delle loro carezze….sì, sentivo quelle minuscole gocce scendere lungo le mie gote, e centimetro dopo centimetro, accarezzare la mia pelle, quasi a volermi narrare ciò che era stato..

          All’improvviso un volto apparve davanti ai miei occhi…un viso di donna fissò il suo sguardo su di me, e mi fece ricordare di essere uomo. Ricordai di essere esistito sotto forma di essere vivente e di aver, ad un certo punto, rifiutato qualunque cosa…perché? Tentavo di ricordare…non importava cosa, quale momento del mio passato; volevo che una qualunque visione di ciò che era stata la mia vita riaffiorasse improvvisamente..
          “Riesce a sentirmi?”
          Queste parole destarono la mia anima, che ancora vagava in uno stato di semi-incoscienza. Fu un dolce risveglio! Come essere ridestati dai caldi raggi del sole sul nostro viso, mentre si riposa all’ombra di una pianta….allora apriamo gli occhi ed il mondo ci sorride…
          Sì..”
          Avevo comunicato! Nuovamente sentivo la mia voce, seppur flebile, risuonare allegra, nuova…un sorriso illuminò allora quel volto di donna.
          Chiusi gli occhi…dopo qualche secondo li riapersi, soltanto per verificare che non si trattasse dell’ennesimo sogno…ma per quale motivo ero stato lontano per così lungo tempo? Qual’era stata la causa del mio momentaneo ed apparente decesso? Per quale ragione avevo abbandonato tutto? Perché il rifiuto?
          “Anna?!”
          Sussurrò piano la mia voce.                                                                  
          “Anna?!”

          Un vortice di echi travolse la lucidità che aveva appena ricominciato ad animare in me.
          “Anna”
          E mi colpì, non so dove, ma fu talmente violento da lasciarmi in preda al panico…
          Tanto tempo fa, forse un anno, forse un mese, forse un giorno, avevo aperto la porta della mia casa trovandovi il suo cadavere suicida.




CATERINA


           Ho visto Raffaella ma lei non mi ha visto.

 
            Era vestita di viola e rosso distesa tra il prato e il campo di grano e faceva finta di essere la primavera in fiore…. Forse non si era resa conto che pur essendo aprile, per quell’anno la primavera (stagione notoriamente comunista) si sarebbe astenuta dal suo turno di lavoro stagionale per motivi legati a problemi di rinnovo contrattuale con la ostile padrona signora natura.

 
          Era aprile e un mantello di manto nevoso si stendeva quasi morto sulla città. Caterina era l’unica ad essere di buon umore, lei sapeva accettare le cose come venivano e perciò non si dava pensiero per i ritardi della stagione comunista.

 
          Aveva appena finito di posare come modella per Arturo, il vecchio pittore che abitava a duecento metri da casa sua. In realtà Arturo non era mai stato pittore nella sua vita di triste ragioniere ma una volta forzato alla pensione si era inventato la scusa della pittura per provarci con Caterina e masturbarsi dietro alla grande tela guardando il suo corpo nudo.
 
 
          Lei sapeva della perversione di lui e conosceva anche altrettanto bene i suoi scopi, ma le servivano soldi e fintanto che quello era felice di autoerotizzarsi e autosessualizzarsi in silenzio  e pagandola regolarmente, per lei quello continuava ad essere un ottimo lavoro!

           Caterina aveva l’allegria che le aleggiava tra la sciarpa e i capelli e con i suoi quindici euro in tasca c’era da starsene allegri per il resto della giornata. La sera l’attendeva forse un concerto, forse una cena scroccata a casa di qualche amico di amici, forse qualche ragazzo dagli occhi grandi che volesse guardare anche dentro la sua vita oltre che stringerla nuda a sé…

 
          Quindici euro erano più che bastevoli per tre birre al centro sociale e il rhum di fine serata…. Lei fumava gratis… non per tirchieria, ma per principio… pagare il fumo ti fa sentire davvero tossico… Scroccarlo ti fa sentire fumatore occasionale.
 
          
           Passando accanto alla edicola buttò un’occhiata al cartellone dei titoli. “Trentacinque” … sorrise… Come ogni giorno era curiosa di controllare quel numero… Forse era quello il segreto della sua forza interiore… Forse era quello che le dava la forza di continuare a fregarsene di come le cose andavano giorno per giorno… lo sballo… le botte del fratello… il silenzioso masturbarsi di Arturo… le amiche perdute… Trentacinque… e la disperazione diventava forza per continuare ad andare avanti… il giorno prima erano stati trentacinque i suicidi per depressione.




IL NIPOTE


           Ho incontrato Raffaella.... ma non so se lei mi ha riconosciuto.


           Indossava degli occhiali avvolgenti che le fasciavano mezza faccia, non aveva i soliti capelli biondi ma una parrucca punk con treccine rasta verdi e viola e rasata sui lati, fumava una pipa e borbottava tra sè e sè non con la sua solita vocina stridula ma con un vocione che pareva il rombo di un trattore.


           Benchè fosse accucciata bassa bassa dentro una scatola di cartone e ben coperta di giornali, io l'ho riconosciuta!!.... Sul cartone c'era l'insegna del supermercato "Fratelli Franzoni" che ti sorride alle porte della città esattamente alla fine della corsa del 58. E proprio dalla corsa del 58 scese la vecchia dalla borsa blu.

           La cara vecchina, avvolta nel suo tailleur marrone proprio quella mattina si era tirata una serie infinita di paranoie pensando che la borsa blu non legava assolutamente con il vestito marrone e le scarpe arancioni, ma la sua preoccupazione non era quella di essere l'argomento principale di conversazione della riunione quotidiana delle vecchie bacucche ingioiellate che si sarebbero incontrate alle cinque e un quarto al bar del centro per sparlare di lei, bensì aveva paura di essere notata dalla polizia...
A quelli, si sa, non scappa mai nulla!


          Nemmeno una vecchina con vestito marrone, scarpe arancioni e la borsetta fuori tinta: blu per l'appunto!

 Ad ogni modo se ne scese dal puzzolente 58 ruggendo una pesante bestemmia in faccia all'autista che appositamente fece per partire proprio nel momento in cui la scarpetta arancio si bagnava sul suolo della piovosa città.

 
          "Pezzo di coglione!!" pensò tra sè e sè aprendo l'ombrello rotto "'Sti autisti non hanno più rispetto per un cazzo! bisognerebbe ritornare alla pena di morte e ficcargli una bomba a mano nelle braghe e vedere se sono ancora capaci di sghignazzare come cinghiali in amore nei cinque secondi prima del ciao ciao a quel coso inutile!"

            Attraversata la strada, l'autista era già storia perchè aveva trovato altri cinque o sei "Froci rognosi" che l'avevano schizzata senza fermarsi per farla attraversare.... Anche questi però, fecero presto parte della memoria volatile della vecchia che incontrando il nipote balbettava "gio-gio-giovannino mio!.... ecco sono qui!".

 
          A Giovannino ci vollero alcuni secondi prima di riuscire a tirare fuori la testa incastrata tra le ginocchia e richiamare  il proprio spirito cosciente dall'iperspazio lisergico dove stava contrattando coca con la mucca viola della milka.

           "Nonnina.... " esclamò riconoscendo il senile viso "porca troja sono due giorni che aspetto!".... poi pensando di non essere stato abbastanza colorito nell'espressione dei fatti: "Troja!" aggiunse pulendosi il naso col maglione (o viceversa).

            "Fottuto frocio di un tossico fallito!... è forse colpa mia se a Milano fanno le retate antidroga e tutti i nostri simpatici ganci vanno a farsi fottere??"

 
          Dopo l'approccio iniziale entrambi divennero più distesi.... lasciarono che le gocce di pioggia cadessero tra i loro discorsi come punti di sospensione e il nipote riprese: "Cosa mi hai portato?"...

           "... Andiamo a bere un pò di gin Giovannino... Tutta quest'acqua mi sta facendo ammuffire!"....

 
          Giovannino capì che la povera nonnina aveva fatto del suo meglio girovagando di notte nella metropolitana e nelle stazioni ferroviarie per poi non trovare nulla e ridursi a comprare un pò di metadone fuori dall'uscita di sicurezza di qualche ospedale.

           Capì che non ci sarebbe stato modo di togliersi di dosso quella stipsi e quella vita che puzzava di marciapiedi e camere arredate con un materasso... Non bestemmiò, non picchiò la vecchia si alzò e borbottò solo: "io bevo whiskey!"